"Lamerica"

Ventiquattro Ottobre 1954. La sirena della Andrea Doria ci sveglio' alle cinque e mezza del mattino. Eravamo alle porte di New York.

Dopo otto giorni di travagliato viaggio nelle acque tempestose dell'oceano atlantico eravamo arrivati a destinazione. Prima pero` dovevamo, per ancora una volta, passare davanti ad una commissione di agenti federali per essere di nuovo interrogati, per essere sottomessi alle piu' svariate domande: personali, politiche, sociali, religiose ed etniche. Fummo costretti ad una lunga fila che duro` quasi tre ore. Dopo di che' eravamo finalmente liberi di goderci, per la prima volta, la visione  magica della Statua Della Liberta' che imponente e sublime ci dava il benvenuto a quella che per i prossimi cinquantanove anni e` stata la nostra nazione di adozione. E mentre gli incantevoli grattacieli di New York sfilavano davanti ai nostri occhi, le numerose macchinone sfrecciavano sulla autostrada del litorale di Brooklyn, non potetti fare a meno di ricordarmi della mia mamma e dei miei fratelli che erano rimasti nel nostro paesello. Una tristezza immensa si impatroni' del mio essere, i ricordi della mia fanciullezza ritornarono nella mia mente. La mattina della partenza, la folla dei nostri paesani che si radunarono in piazza per darci il loro addio. il loro augurio di un avvenire migliore risuonavano nelle mie orecchie. I loro volti sfilavano uno ad uno nella mia memoria. Risentivo alcuni loro commenti, come quello di Enzo Genitti che disse a mio padre " Liborio, con te se ne va da Cansano una brava persona" Come quello del maestro Salvatore Di Bartolomeis che avvicinandomi mi disse" Donato, io non capiro' mai il motivo di questa vostra partenza, ci sono persone che hanno bisogno di emigrare, pero` queste persone non siete ne tu ne tuo padre". Ricordo la corriera che ci portava a Sulmona, piena di gente che si stringeva intorno a noi per darci coraggio, per farci sentire il meno possibile questo distacco dalle nostre radici. Erano altri tempi, per alcuni arcaici, ma pieno di umilta', di amore, di rispetto sincero verso il prossimo. Era il tempo della mia fanciullezza, il periodo forse piu' bello della mia vita. La voce di mio padre mi sveglio' da quell'incanto. Dovevamo scendere, lo zio ci aspettava, e con lui, una nuova vita con tutte le sue incognite, i suoi sacrifici, le sue incertezze.

di "Donato D'Orazio" Continua 2° Parte