Ottobre 1993:


Il treno lascia la stazione di South Station, Boston, diretto a Washington, DC.


Poche cose con me oltre lo zaino: la macchina fotografica (allora non esistevano quelle digitali), il diario di viaggio e il Sony Walkman sintonizzato sulle onde radio di Waaf 107.3, la stazione radio preferita che mi accompagnava tutto il giorno girovagando per il Massacchussetts, da Cape Cod a Salem, la citta' natale di Spielberg dove nasce la tradizione di Halloween e nota come the witch city.
Nell'aria il vento nuovo del rock di nome Grunge, la musica quella dei Nirvana, dei Pearl Jam, degli Alice in Chains, gli Stone Temple Pilots e i Soundgarden, il rock di Seattle che spazzo' via l'hair metal di qualche anno prima quando in una partita di baseball di beneficienza giocata dalle parti di Brookline (citta' natale degli Aerosmith) ebbi la fortuna di incontrare gli idoli di allora ovvero gli Extreme di More than Words; non c'era piu' traccia degli Skid Row, nemmeno dei Guns and Roses le cui imprese oggi rivivono in un fantastico libro di un giovane scrittore americano di nome Chuck Klosterman dal titolo Fargo Rock City.consigliatissimo.
Dicevamo Washington, DC, scopo della visita i musei piu' prestigiosi d'America come lo Smithsonian.
Poche capitali al mondo artificiali come questa, una citta' senza un vero centro, pianificata dall'architetto francese L'Enfant in seguito alla convenzione di Philadelphia del 1787 perche' al principio capitale dell'Unione doveva essere New York. Fu lui a stabilire che nel mezzo della nuova citta' creata in mezzo al nulla ci fosse un non centro di nome the Mall su cui disporre scenograficamente i palazzi simbolo della Nazione come il Congresso e la Casa Bianca, secondo lo spirito dell'antica repubblica romana: il gigantesco vuoto del Mall doveva simboleggiare il libero accesso di tutti i cittadini al cuore della Repubblica.
Oggi Washington e' una citta' conosciuta da tutti e amata da pochi, da sempre palcoscenico di proteste, la libreria Kramerbooks dove la Lewinski comprava regali per Bill non c'entra niente e nemmeno K street dove hanno sede le societa' di lobbying piu' potenti d'America, e per una sorta di contrappasso, lo Stato che gli americani chiamano the Government, qui e' meno amato che in qualsiasi altro Paese, qualcosa di radicalmente diverso rispetto alla concezione dei padri fondatori, célèbre infatti l'aforisma di Thomas Jefferson che diceva: il governo migliore e' quello che dura meno. 
Non solo. La repubblica americana, spesso decantata come la piu' grande democrazia del mondo (falso, perche' l'India e' lo stato democratico piu' popoloso al mondo mentre la Germania rappresenta la democrazia piu' compiuta), conserva al suo interno poteri che risultano quasi totalmente slegati dalla volonta' popolare come la Corte Suprema e la Federal Reserve le cui decisioni hanno pesantissime implicazioni politiche e amplissime conseguenze nella vita dei cittadini.
Che vinca un candidato o l'altro ormai poca importa, il dramma resta l'ammontare del debito federale pari a quello del prodotto interno lordo, a cui si aggiunge il debito pubblico dei singoli stati e degli enti di finanziamento immobiliare gia' nazionalizzati.
Secondo la teoria del trickle down economy i soldi lasciati nelle tasche dei ricchi sarebbero stati spesi meglio di quanto avrebbe fatto l'odiata burocrazia pubblica, invece Il taglio delle tasse sui ceti piu' ricchi ha inferto negli anni dell'amministrazione Bush un duro colpo alle entrate federali: cosi' il denaro invece di colare verso il basso come linfa vitale dell'attivita' produttiva e' finita con l'alimentare soprattutto l'euforia finanziaria (e quindi la speculazione, e quindi le merchant bank) culminando nel crack del 2008-2009.
Come sono lontani i tempi del piano Marshall e quelli del New Deal, oggi e' tutto diverso e purtroppo anche il prossimo presidente sara' costretto a destinare la maggior parte degli stanziamenti per il risanamento dei conti pubblici, delle banche e delle aziende disastrate a scapito dello svliluppo.
Un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l'umanita', aveva detto Neil Armstrong mettendo per primo piede sulla Luna, la sconfitta del mito ad opera della scienza: ma i tagli hanno stroncato quella che un tempo era l'espressione piu' potente della supremazia tecnologica americana e cosi' lo spettacolo dei grandi razzi con il loro carico di astronauti e strumentazioni non andra' piu' in onda.
Quindi non ci resta che ammirarli all'interno dello Smithsonian.
Mi chiedo: era il caso di aspettare un altro poco prima di volare verso le profondita' dell'universo per la conquista dei mondi oltre la Terra?