IL TRENO DELLA VITA
Si era nella meta` degli anni sessanta, l`emigrazione dall`Italia verso i paesi Nord Americani era ancora molto intensa e numerosa. Ogni settimana arrivavano qui` a New York uno o due transatlantici con migliaia di emigranti italiani che venivano a stabilirsi qui` negli Stati Uniti o Canada`. Per chi si fermava a New York la loro odissea era in qualche modo finita. Per chi doveva continuare per altre citta` americane o canadese il loro percorso era ancora lungo ed a volte anche difficoltoso. La citta` di New York per alleviare in qualche modo le sofferenze di questi emigranti mise a loro disposizione delle corriere che li portava dai vari porti della citta` alla stazione centrale. Li` le autorita` ferroviarie misero a disposizione di questa gente una grossa sala che si trova sulla sinistra del grande atrio della stazione stessa. Ed era in questa sala che molti emigranti dovevano aspettare, a volte una dozzina di ore, prima che potevano prendere il treno che li avrebbe portato alla loro destinazione finale.
Per molti di loro, specialmente giovanissimi o anziani, non conoscendo la lingua, come muoversi in questa immensa stazione, questa sosta diventava a dir poco un incubo. Io a quel tempo lavoravo in un palazzo di ventisei piani situato nella quarantunesima strada e terza avenue. Una della mie mansioni era quella di portare nel pomeriggio la posta di questo palazzo al Manager che aveva l`ufficio nella quinta avenue e quarantacinquesima strada. Per farlo dovevo attraversare delle strade che sono fra le piu` intasate di traffico e di pubblico della citta`. Per evitare tutto questo mi impararono una via sotterranea che portava dal mio Building fino all`atrio del Central Station per poi attraversare quest`immenso e spettacolare salone per poi entrare in questa sala dove erano radunati i nostri emigranti per poi proseguire in un`altro tunnel che mi avrebbe portato nell`atrio del Roosvelt Hotel situato a pochi passi dal palazzo del mio manager. Passando nella sala degli emigranti non potevo non notare che alcune di loro si trovavano in serie difficolta`. Ricordo una vecchia coppia di nostri paesani che andavano a trovare i figli a Toronto Canada`, che sopraffatti da tanta gente sconosciuta ed incomprensibili, si erano rifugiati in un angolo della sala quasi terrificati dalla situazione in cui si erano venuti a tovare. Notandoli mi avvicinai a loro, li chiamai per nome, e loro quasi increduli mi domandarono chi ero, gli dissi il mio nome ed il nome di mio padre, fu in quel momento che liberati da tanta angoscia mi abbracciarono, fu per loro un`inaspettata sorpresa che li rincuoro` tantissimo. Aspettai con loro la loro partenza, li accompagniai nel loro treno, e salutandoli capii dai loro ringraziamenti come importante fu la mia presenza per loro. Tante altre occasioni mi capitarono per aiutare in qualche modo connazionali in difficolta`. Ricordo una giovane madre con tre bambini, con un`eta` che andava dal piu` grande di quattro anni al piu` piccolo di pochi mesi. Doveva andare a Los Angeles in California per raggiungere suo marito. Passando notai che il piu` piccino piangeva mentre gli altri due allontanandosi creavano problemi per la madre.
Mi avvicinai, gli dissi che ero italiano e gli domandai se aveva bisogno di qualche cosa. Lei, forse sospettosa di uno sconosciuto, mi disse di no`, ed in questo momento il piu` grande dei bimbi pensando che io stavo importunando sua madre, da dietro mi sferro` un calcio nel polpaccio sinistro della mia gamba che mi face abbastanza male. Fu cosi` che continuai il mio percorso. Al ritorno passando di nuovo in quella sala notai che il bimbo continuava a piangere, fu questo che mi spinse ad avvicinarmi di nuovo alla signora per rinnovargli il mio desiderio, se c`era bisogno, di aiutarla. Fu cosi` che lei mi disse che si trovava li` dalla mattinata, inchiotata in quella panchina con tanti bagagli e tre bambini. Mi chiese se potevo procurargli del latte e qualche biscotto per rifocillare i bambini che erano a digiuno dalla mattinata. Gli dissi di non preoccuparsi che sarei andato da uno dei tanti fastfood della stazione per comprargli tutto quello che lei aveva bisogno. Poi mi recai dal chiosco d`informazione per sapere a che ora il treno per Los Angeles partiva, aspettai una mezz`ora circa, l`accompagnai nel binario dove il suo treno era pronto per la partenza, l`aiutai a sistemarsi in un vagone letto, e siccome il viaggio era di una durata di qualche giorno, mi raccomandai all`impiegato della sala pranzo di avere un`occhio di riguardo per quella signora con tre bambini che certamente avrebbe avuto bisogno del suo aiuto. Ritornai al loro posto li salutai e mi avviai verso l`uscita. Mentre camminavo percepii un passo leggero che mi seguiva ; mi voltai e vidi il piccolo bambino che un`ora prima mi aveva dato quel calcio nella gamba che cercava di abbracciarmi, lo presi e lui si strinse forte a me, mi guardo` e senza proferire parole ritorno` di corsa verso la sua mamma. Quel gesto mi commosse molto perche` capii che col mio piccolo aiuto avevo vinto la sua diffidenza. Questo ed altro era l`emigrazione di quel tempo, un emigrazione che comportava per tutti tanti sacrifici, tante privazioni, tanti scogli da superare prima di raggiungere quel sogno di una vita migliore. A tutti voi, cari cansanesi vicini e lontani, l`augurio sincero di un Buon Natale con l`auspicio di un Nuovo Anno sereno, salutare e gioioso per tutti.