" Vann acchiappen"
di Enzo De Santis
Ennio Pantaleo. Il più giovane patriota della brigata Majella
AVEVO SOLO QUATTORDICI ANNI: Sempre più spesso per le strade di Sulmona riecheggiava un grido strozzato, carico di terrore e di ansia che avvisava che era in atto un rastrellamento: " Vann acchiappen ". Erano sopratutto le donne che gridavano con quanto fiato avevano in gola e l'allarme disperato era rivolto a tutti gli uomini.Bisognava
scappare, nascondersi, non farsi prendere. I tedeschi cercavano i giovani e
anche i meno giovani per portarli a lavorare nelle retrovie, al fronte o
dovunque ci fosse necessità di manodopera. Spesso li utilizzavano per spalare
la neve nei punti nevralgici, come il percorso fino al comando tedesco in via
Panfilo Mazara.
Per ben tre volte incappai nei tedeschi che mi obbligarono a lavorare per
loro. In due occasioni fu per lavori in città. la terza volta, invece, insieme
ad una settantina di uomini, fui caricato su un vagone merci e trasportato alla
stazione di Palena. Non dovevo spalare la neve, ma scavare trincee. Durante la
notte, mentre eravamo in un carro merci in attesa di ordini, io ed altri due
ragazzi fuggimmo. Camminammo tutta la notet, evitando, per non essere visti, le
strade principali, finchè, dopo circa nove ore di marcia, giungemmo a Cansano.
Bussammo ad una casa abitata da una coppia di anziani, che, vedendoci
infreddoliti e malconci, ci fecero entrare, ci prepararono del vino bollito con
un po' di zucchero, introvabile allora, e ci fecero riscaldare vicino al
camino. Dopo mezz'ora ci sentivamo meglio, benchè fossimo molto stanchi e i
piedi, nelle scarpe bucate, fossero bagnati. E, sopratutto, avessimo fame. Da
quando ci avevano preso i tedeschi, l'unico era stata la neve. Nel camino un
paiolo bolliva, Noi lo guardavamo in silenzio. La vecchietta se ne accorse e ci
chiese : " Avete fame ? ". Tutti e tre insieme rispondemmo di sì. Allora, che
sia benedetta, ci preparò delle patate lesse con un filo d'olio, senza sale,
perchè anche questa era una merce rara. Ci chiese dove eravamo diretti e, dopo,
con un cenno si rivolse al marito. Questi uscì di casa e ritornò dopo un
quarto d'ora. Ci disse che le donne da Cansano andavano a Sulmona a dorso di
mulo per vendere la legna e che ci saremmo potuti aggregare a loro facendoci
passare per familiari.
La strada fino a Sulmona potemmo così percorrerla senza deviare per i boschi,
evitando sterpaglie, fossati e sentieri dirupati. Quando finalmente giunsi a
casa, fui accolto dal grido di gioia di mia madre, la quale aveva saputo che
ero stato catturato e portato chissa' dove.
Questa storia fu raccontata da un uomo, nell'anno 2003, in occasione della
ricorrenza del 60° anniversario della distruzione di Castel di Sangro.