Ricordo il 1948
Con tutte le critiche, giuste o sbagliate che siano, il sistema ferroviario Italiano di oggi e` semplicemente incomparabile con quello di allora. Oggi si viaggia bene, forse con qualche ritardo, ma si viaggia. Allora non solo non si viaggiava bene, ma tutti i treni facevano sempre ritardo, e spesse volte venivano completamente cancellati senza alcun peavviso.
Ricordo il 1948, primo anno per molti di noi ragazzi cansanesi di usare il treno per andare a scuola a Sulmona. A quel tempo ancora non si ripistrinavano i vagoni passeggeri, quindi fummo costretti a viaggiare nei vagoni merci, con tutti i disagi possibili ed immagginabile che eravamo costretti a subire. Per di piu` nella nostra linea ferroviaria c`erano alcuni ponti danneggiati dalla guerra che non erano stato rimessi completamente a posto. Uno di questi che aveva l`ultima arcata completamente danneggiata e si sosteneva soltanto con un ponteggio in legno che non dava nessuna garanzia, si trovava a pochi metri dalla galleria che ci portava dal lato del territorio della pianura del gizio al lato del nostro territorio paesano. Quando il treno arrivava nelle vicinanze di questo ponte doveva rallentare quasi a passo d`uomo, e per noi che eravamo dentro era il momento di raccomandarci alla madonna dell`Incoronata la cui chiesa si trova quasi in diretta perpenticolare nella valle di quel famigerato ponte. E spesso volte per inclemenze atmosferiche e forti venti le partenze verso il ponte venivano cancellate. E questo per noi che dovevamo ripartire alle due pomeridiane significava aspettare le dieci di sera, senza peraltro avere nessuna garanzia che anche quella partenza sarebbe avvenuta. Queste situazioni ci obblicavano a decidere di ritornare a piedi a casa. Col tempo sempre avverso, con quella snervante salita che dalla stazione centrale ci portava a Sulmona,
con quella strada tortuosa che ci portava a Cansano, ci facevano arrivare in paese quasi sempre esauriti. E posso garantirvi che mai le ferrovie ci hanno rimborsato il biglietto non usato. Ed in uno di questi casi ci capito` un episodio che voglio raccontare. Eravamo nel mese in cui la pianta delle rape venivano a maturazione. Un giorno mentre passevamo le ultime case di sulmona, poco prima di imboccare il rettilineo del cimitero notammo un terreno coltivato a rape. Un po` per fame, ed un po` per ingenuita` decidemmo di entrare in questo terreno e prenderci una pianta di rapa per poter mangiare. Pero`, come ho detto, nella nostra ingenuita` non pensammo minimamente che il padrone del terreno ci avrebbe potuto vedere. E di fatto fu proprio cosi`. Il padrone stango delle ruberia che subiva spesso in quel terreno penso` di mettersi in guardia dietro un cespuglio con un fucile a due canne in mano per pescare una volta per tutte chi gli rubava le rape. Appena entrati, prima ancora di cogliere una sola rapa, vedemmo questo signore che alzatosi dal cespuglio si dirigeva verso di noi col fucile puntato nella nostra direzione. Ci obblico` ad alzare le mani e di metterci tutti in fila, perche` disse, ci avrebe portato tutti nella caserma dei carabinieri per farci pagare tutto il rubato. Naturalmente cercammo di fargli capire che noi non ci entravamo per niente con le sue perdite perche` era la prima volta che lo facevamo senza per`altro sradigare una sola pianta.Lui ci ripeteva che qualcuno doveva pagare, e quel qualcuno eravamo noi. Continuava a ripeterci di mantenerci in fila, e visto che non lo facevamo, innervosentosi ci spingeva con la canna del fucile. Panfilo Di Giallonardo, uno dei nostri, e piu` grande di noi di un paio di anni e con un fisico abbastanza possente, di proposito si mosse di una ventina di centimetri dalla fila, l`uomo arrabbiato gli si avvicino` per spingerlo col fucile nel fianco a rientrare nella linea. In questo momento successe l`imprevedibile. Panfilo con fulmineita` e sangue freddo afferro` la canna del fucile la porto` immediatamente verso l`alto, e nella lotta per il possesso del fucile un colpo parti`, per grazia di Dio, verso il cielo. Mentre tutti noi eravamo pietrificati dall`evolversi degli eventi, Panfilo ebbe la meglio e si impossesso` dell`arma. La punto`verso l`uomo e gli disse " Ora e` il nostro turno, cerca di rispettare i nostri ordini altrimente il colpo che e` rimasto nell`altra canna ti fara` saltare il cervello. Quindi, o ci lasci in pace perche` noi non abbiamo rubato niente o a piangere questa sera sara` la tua famiglia. L`uomo, ormai sotto shock, ed incredulo di quello che gli era capitato, comincio` a supplicarlo di mantenersi calmo, di non commettere quella sciocchezza, perche` lui avrebbe dimenticato tutto, e ci avrebbe permesso di avere una rapa per ciascuno. Chiese a Panfilo di ridargli il fucile, di andarcene, perche` lui non avrebbe fatto nulla. Panfilo gli rispose che non si fidava di lui, che il fucile glielo avrebbe ridato solo dopo che lui si sarebbe allontanato di almeno un cento metri. Il fucile lo avrebbe posato ai margini del terreno per dare a noi la possibilita` di allontanarci il piu` possibile. L`uomo acconsenti` e noi scioccati ma sollevati riprendemmo il nostro cammino. Naturalmente mai permettendoci di rifare una sciocchezza simile a quella appena sperimentata.........Continua