TUTTI A BORDO
Per la prima volta nella mia vita ero a bordo di una nave. Un ufficiale mi
aiutò a trovare la mia cabina; quando entrai, posai la mia valigia ed il pacco
e mi guardai intorno: c'era un lettino sulla mia sinistra, a fianco un piccolo armadio, al centro un tavolino con una sedia. Andai subito a vedere il mare, ma l'oblò era troppo in alto e usai la sedia per raggiungerlo e poter guardare fuori. Dopo pochi minuti, sistemati i miei panni nel piccolo armadio, uscii
dalla cabina per visitare la nave. Mi ritrovai su una veranda con tanti altri passeggeri; l'aria fresca ed odorosa di mare mi prese e il suono di un grammofono che suonava " Santa Lucia luntana "aggiunse una nota romantica a quel momento così speciale.
Senza accorgermene, mi trovai a piangere come un bambino. Quante volte per
quei boschi della maiella,
tagliando quelle grandi querce, mi ero sentito forse già adulto, pronto ad affrontare con coraggio qualsiasi situazione che la vita mi avrebbe presentato. Mi accorsi allora che l'attaccamento alla patria è il mio sentimento più forte e duraturo della nostra vita e l'unico in effetti che non possiamo controllare. Oggi , dopo tanti anni di lontananza, ho scoperto che esso non ci lascia mai. Alcuni passeggeri attirarono la mia attenzione: tutti stavano guardando il porto di Napoli,
che dietro di noi si stava allondanando. Mi sentii come se stessi lasciando proprio tutto su quella baia. La scìa della schiuma lasciata dai motori della nave sembrava l'unica cosa che mi univa ancora alla terraferma.
Di colpo, l'attenzione di tutti fu presa dal suono di numerosi fischi che
venivano da un'altra gigantesca nave, la " Conte Biancamano ",
che ritornava in Italia, e i passeggeri di entrambe le navi si salutavano calorosamente con fazzoletti e grida di gioia.
Era una sera e presto lì fuori l'area si fece abbastanza fredda. Quando decisi
di tornare in cuccetta, mi accorsi che ero lì da solo; in testa la canzone "
Santa Lucia" continuava a seguirmi come un fantasma, la mia voce pian piano
sembrava seguirla. Giunsi alla cabina, stanco per la giornata così pesante. Il
mattino seguente mi alzai canticchiando la stessa canzone e ad un tratto sentii
che anche qualcuno nella cabina a fianco la cantava con me, ma in una lingua
differente e con voce di donna.
Mi incontrai con lei più tardi, mentre ero fuori e canticchiavo la stessa
canzone. La giovane mi si avvicinò con il padre, che si congratulò con me per
la mia voce e mi disse che sua figlia aveva molto passione per il canto e che
avrebbe voluto imparare a cantare professionalmente. Mi dissero che veniva dal
Montenegro, la nazione che aveva dato i natali alla Regina d'Italia. Da quel
giorno diventammo amici e spesso passavamo delle ore insieme ad ammirare il
passaggio di numerosi delfini che ci seguivano.
Alcuni giorni dopo che era stato calmo, il mare incominciò ad ondeggiare
bruscamente; pensavamo che passasse presto, invece divenne ancora più
burrascoso ed ondoso; le onde si fecero così alte, che a volte la nave
sembrava precipitare in un vuoto profondo.
Come tanti altri passeggeri, mi spaventai molto vedendo le onde arrivare a
coprire il finestrino della mia cabina. Questa burrasca durò alcuni giorni ed a
volte era impossibile sedersi a mangiare al tavolo, perchè tutto si muoveva e
finiva sul pavimento. La paura aumentò quando i marinai, passando per ogni
cabina, incominciarono a serrare tutte le finestre e a distribuire dei
salvagente. A questo punto molti, temendo di essere in prossimità di un
naufrago, si inginocchiarono a pregare. Fortunatamente il bravo capitano,
responsabile della nave, trovò la maniera di uscire fuori della zona pericolosa
e presto trovammo il mare più calmo. Ma la cosa che ci rese tutti più
tranquilli fu la vista della tanto anellata terra.